31 GENNAIO 2013 – INTERESSE E DIRITTI DELLE PERSONE MINORI DI ETA’: IL DIFFICILE CAMMINO VERSO L’EUROPA MENTRE LA CORTE COSTITUZIONALE TRAGHETTA L’ITALIA VERSO L’EUROPA IN NOME DELL’INTERESSE DEL MINORE, LA CORTE DI STRASBURGO LA CONDANNA PER AVERLO VIOLATO

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Due importantissime pronunce su interesse del minore: si va verso l’Europa, ma il CamMiNo è assai lungo e difficile per le lacune dell’ordinamento interno e l’Italia viene condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Infatti prosegue il percorso di adeguamento della normativa nazionale alle indicazioni europee ad opera della Corte Costituzionale: la Consulta, con sentenza n. 7 del 16 gennaio 2013, dichiara l’incostituzionalità dell’articolo 569 del codice penale nella parte in cui prevede che, in caso di condanna del genitore per il ‘delitto di soppressione di stato’, consegua automaticamente di diritto la perdita della potestà genitoriale. Nel caso di specie i due genitori avevano omesso di dichiarare all’Ufficiale di Stato civile la nascita della loro bambina nel termine di legge, occultandone quindi la nascita per quel periodo e sopprimendone lo stato civile, ma non avevano fatto mancare alla figlioletta le cure del caso e “le attenzioni materiali e anche l’affetto e l’assistenza”. In un caso come questo, l’automatismo della perdita della potestà prevista dalla norma penale come pena accessoria si pone in contrasto con l’interesse del minore, criterio preminente e determinante di giudizio ai sensi delle convenzioni internazionali ratificate e europee (Convenzione ONU di New York del 20.11.1989 rat. L. 176/1991, Convenzione di Strasburgo del 25.1.1996 rat. L. 77/2003, e art. 24 Carta di Nizza). Si pone anche in contrasto con le Linee Guida del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura del minore del 10.11.2010 che affermano che gli Stati debbano garantire l’effettiva attuazione del diritto del minore a che il loro interesse superiore sia al primo posto, davanti a ogni altra considerazione, in tutte le questioni che li vedono coinvolti. La Consulta ha quindi dichiarato incostituzionale la previsione normativa per contrasto con gli artt. 3 e 117 Cost.

Purtroppo è proprio la mancata attuazione dell’interesse del minore nel caso concreto che vede invece l’Italia condannata dalla Corte di Strasburgo con la sentenza Lombardo c. Italia del 29 gennaio 2013 per violazione dell’articolo 8 della Convenzione di Roma. Si tratta di un padre che ha avuto pochi e sporadici rapporti con il figlio per anni a causa della strenua opposizione materna. Si sono susseguiti innumerevoli provvedimenti nel senso del ripristino di una piena relazione, con relativa delega ai servizi: ma tutto era stato vano. La Corte censura l’inefficacia di provvedimenti e comportamenti delle figure preposte dallo Stato alla rapida esecuzione della decisione: l’inutile decorrere del tempo ha, di fatto, determinato il deterioramento della relazione figlio – genitore non convivente. La pronuncia è conforme alle precedenti nelle quali Strasburgo ha sempre rilevato che è contrario all’interesse del minore il comportamento delle Autorità nazionali che non si adoperano per garantire una rapida esecuzione di un provvedimento relativo al ripristino della relazione interrotta genitore-figlio. I Servizi Sociali, quando siano a ciò delegati dall’Autorità giudiziaria, debbono adoperarsi intervenendo anche sulle disfunzionalità della coppia, nell’interesse superiore del minore. Il giudice deve vigilare sull’operato dei servizi, intervenendo anche con sanzioni ed eventualmente con provvedimenti coercitivi sul genitore che ostacola il rapporto. Tempi lunghi di esecuzione delle decisioni relative al rapporto genitori-figli –se tale rapporto è funzionale all’interesse dei figli stessi- sono di per sé contrari all’interesse dei minori, secondo la prospettiva più volte ribadita dalla Corte EDU in varie pronunce univoche sul punto. In questo caso la Corte pone anche l’accento sul fatto che lo Stato deve avere un arsenale giuridico adeguato, sufficiente ed efficiente per assicurare i diritti delle persone e il rispetto delle decisioni assunte e assumere le decisioni appropriate.

Ancora una volta si apre una severa riflessione su quanto il nostro ordinamento interno sia inadeguato rispetto alle indicazioni europee per le sue lacune (ad es. non vi è normativa specifica sull’esecuzione dei provvedimenti in materia minorile, né è pensabile utilizzare norme dettate per altro genere di esecuzioni), per le sue contraddizioni, per l’assenza di un giudice unico specializzato davanti al quale siano concentrate le competenze in materia di famiglia e minorile. Non sono sufficienti gli sforzi della Consulta e della Cassazione: sono necessarie riforme che adeguino il nostro apparato interno alle indicazioni europee.

 
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Comunicato